Intramoenia, CIMO-FESMED: «Le liste d’attesa non si risolvono con gli slogan»

Il sindacato di medici: «Sospendere l’intramoenia in caso di liste d’attesa troppo lunghe sarebbe un boomerang per il Servizio sanitario nazionale»

Roma, 17 novembre 2025 – «Davvero si vuole continuare a raccontare la favola che le liste d’attesa siano colpa dell’intramoenia? E che sospenderla farebbe miracolosamente sparire i ritardi? La proposta del Ministro Schillaci su La Stampa è pura propaganda spacciata per soluzione. Appare tra l’altro una contraddizione con quanto deciso da Regione Lombardia, che ha istituito la “superintramoenia” e che probabilmente si estenderà al resto d’Italia: Governo e Regioni non si parlano?». Questa la reazione indignata di Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED, all’intervista rilasciata dal Ministro della Salute Orazio Schillaci e pubblicata su La Stampa.

«L’intramoenia – spiega Quici – non ruba un solo minuto all’orario di lavoro: i medici la fanno dopo il turno, visitando più pazienti e trattenendo appena il 30% di quanto chiesto in fattura. Il restante 70% va dritto a finanziare il SSN e, paradossalmente, proprio a ridurre le liste d’attesa. Sospenderla significherebbe solo togliere risorse alla sanità pubblica e regalare pazienti al privato».

«E poi c’è la questione più grave: senza l’intramoenia i medici del SSN avrebbero un altro motivo per andarsene. Risultato? Ancora più carenze, ancora più fughe, ancora più liste d’attesa. Altro che soluzione: sarebbe un boomerang devastante».

«La ricetta per ridurre le attese la conosciamo tutti, tranne chi preferisce lo slogan facile: potenziare la sanità territoriale, riaprire ambulatori e posti letto, assumere personale, riorganizzare e rimettere ordine a un sistema che cade a pezzi. Tutto il resto è fumo negli occhi. Sospendere l’intramoenia non risolve un problema: lo fa esplodere» conclude Quici.

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Manovra, Corte Conti conferma preoccupazioni CIMO-FESMED su precarietà aumenti di stipendio sanitari

Le risorse extracontrattuali stanziate negli ultimi anni sono destinate a svanire, lasciando ancora una volta i sanitari senza risposte e senza prospettive. Occorre far uscire il personale sanitario dalla PA

Roma, 7 novembre 2025 – Il recente monito della Corte dei Conti sull’utilizzo di risorse extracontrattuali per la valorizzazione del personale sanitario non può che destare forte preoccupazione nella Federazione CIMO-FESMED.

Secondo la Corte, tale pratica ha determinato un “disallineamento tra il quadro regolativo del rapporto di lavoro del personale della sanità pubblica e quello del restante personale”, evidenziando “l’evidente asistematicità” delle misure proposte per incrementare le retribuzioni dei sanitari. Interventi, questi, “giustificabili in una fase emergenziale, oggi terminata”, ma che ora rischiano di perdere ogni fondamento giuridico ed economico.

In altre parole, la magistratura contabile conferma ciò che CIMO-FESMED ha recentemente denunciato: le risorse extracontrattuali stanziate negli ultimi anni rappresentano un fragile escamotage, destinato a svanire con un tratto di penna, lasciando ancora una volta i medici e i professionisti sanitari senza risposte e senza prospettive.

«A questo punto – si chiede Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED – quali misure concrete si intende adottare per convincere medici e professionisti sanitari a restare nel Servizio sanitario nazionale, vincolato dai rigidissimi paletti della Pubblica Amministrazione?».

La soluzione, secondo la Federazione, è chiara e da tempo sul tavolo: sganciare il comparto sanitario dalla funzione pubblica, per consentire una contrattazione autonoma con le Regioni e con il Ministero della Salute. Solo così sarà possibile costruire un sistema contrattuale moderno, flessibile e in grado di garantire condizioni economiche e professionali adeguate alla complessità del lavoro sanitario.

«Non si può continuare a parlare di valorizzazione del personale senza cambiare le regole del gioco – conclude Quici -. È il momento di passare dalle parole ai fatti e di dare finalmente dignità e futuro a chi ogni giorno tiene in piedi il Servizio sanitario nazionale».

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