I sindacati dei medici e dei dirigenti sanitari bocciano la Manovra 2026: un disastro per il SSN e per i professionisti

Roma 22 dicembre 2025 – Anche questa manovra economica si è consumata sulla pelle dei medici, dipendenti e convenzionati, e dei dirigenti sanitari. “È chiaro a tutti ora come non solo il Ministero della salute sia ‘ostaggio’ del Mef, ma cosa ancor più grave, che lo sia l’intero Governo. E le conseguenze di questo braccio di ferro sono estremamente offensive per tutti coloro che quotidianamente lavorano per garantire la salute dei cittadini.”

È una bocciatura senza appello quella che arriva da Anaao Assomed, Cimo-Fesmed, Fimmg, Fimp e Sumai in rappresentanza dei medici dipendenti e convenzionati e dei dirigenti sanitari.

“Abbiamo assistito in questi giorni a un teatrino disonorevole, una lotta intestina che ha ribaltato una situazione fino ad allora finalmente favorevole per la categoria”, commentano Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed, Guido Quici, Presidente Federazione Cimo-Fesmed, Silvestro Scotti, Segretario Generale Fimmg, Antonio D’Avino Presidente Nazionale Fimp e Antonio Magi Segretario Nazionale Sumai.

“Il blitz notturno alla vigilia di Natale ha affondato l’emendamento che avrebbe reso disponibili le risorse extracontrattuali già stanziate per la dirigenza medica da ben due leggi di bilancio e soprattutto avrebbe colmato il ripetuto vulnus alla dignità dei dirigenti sanitari penalizzati da un gap economico ingiustificabile. Una dirigenza sanitaria esclusa, così come i medici convenzionati, dall’adeguamento delle prestazioni aggiuntive con cui a parole, ma non nei fatti si vorrebbe risolvere il problema delle liste d’attesa.”

“Ancora una volta completamente dimenticati i 20mila specialisti ambulatoriali convenzionati pubblici del territorio fondamentali e centrali per la presa in carico dei pazienti cronici, per l’abbattimento delle liste d’attesa e l’assistenza domiciliare così come prevedono il Pnrr e il Dm77. Niente nemmeno sul fronte della Medicina Generale e Pediatria di Libera Scelta. La scarsa attrattività per i giovani medici e la continua riduzione del numero di medici di famiglia attivi con la conseguenza di avere milioni di italiani senza un medico o pediatra di fiducia scelto da loro, non preoccupa il MEF e sembra che la parola convenzionati non appartenga al lessico delle leggi di Bilancio, eppure sarebbe bastato affrontare temi come la detassazione delle quote variabili connesse a obiettivi strategici nei nostri ACN, ma invece, per paradosso, i convenzionati restano i più tassati di tutti gli attori sanitari del pubblico. Considerando, che in molti casi hanno il costo dei fattori di produzione, siamo al ridicolo”. 

“Come se non bastasse – proseguono – abbiamo dovuto scongiurare, grazie alle interlocuzioni con i ministeri e con i parlamentari di buon senso, il taglio del riscatto di laurea che oltre ad essere incostituzionale era un vero proprio attacco a tutti i lavoratori che hanno investito tempo e soldi sperando di poter raggiungere la pensione in tempi ‘umani’”.

“Aver firmato i contratti prima, ha reso almeno disponibili quelle risorse che altrimenti sarebbero finite nel buco nero della svalutazione. In barba a chi cercava di strumentalizzare i contratti di lavoro”. “Sono stati invece risparmiati dal tritacarne gli emendamenti volti a sanare l’illegalità delle Università perpetrando e accettandone l’invasione selvaggia a scapito degli ospedali”.

“Manca nel complesso ancora una volta un percorso di visione globale – lamentano i leader sindacali – in un mondo che appare sempre più concentrato sulla gestione delle emergenze economiche, politiche, finanziarie che sulla programmazione di provvedimenti per tutelare il diritto alla salute. È sempre più evidente come il concetto di stato sociale sia stato sostituito dal concetto di stato economico”.

“Un disastro. Privo di logica, privo di programmazione, privo di gratitudine per chi nonostante tutto regge un servizio sanitario in crisi. Quando in uno stato di diritto le logiche economiche sostituiscono il dibattito e le scelte politiche, si va diritti verso una pericolosa deriva di disgregamento dello stato sociale”.

“Come corpi intermedi – concludono i sindacati – continueremo a opporci con tutte le nostre forze ai continui attacchi alla sanità e ai suoi professionisti cercando di proporre sempre miglioramenti utili alla salvaguardia del nostro bene più prezioso, la salute. Prepariamoci ad un anno di barricate per la difesa dei professionisti, unici a reggere il Ssn”.

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Il MEF mette le mani sui riscatti di laurea passati, presenti e futuri. I sindacati promettono una valanga di ricorsi

Roma 18 dicembre 2025 – Anaao Assomed e Cimo-Fesmed chiedono con forza che il Presidente del Consiglio e il Governo facciano dietrofront sulle pensioni anticipate e sul riscatto della laurea. In sostanza chiedono che venga cancellata la norma contenuta nel maxiemendamento governativo alla manovra 2026 che ridimensionerebbe il riscatto di laurea ai fini del diritto a pensione anticipata (cosiddetta “Fornero”).

“Riteniamo profondamente ingiusto e forse anche anticostituzionale – dichiarano Pierino Di Silverio, Segretario Anaao Assomed, e Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed – penalizzare i lavoratori che maturano i requisiti per la pensione a partire dal 1° gennaio 2031 e che si vedranno ridotto il conteggio degli anni riscattati ai fini dei requisiti per il pensionamento. Inoltre il maxi-emendamento conterrebbe un ritocco delle finestre “mobili” di decorrenza dei trattamenti pensionistici, a due anni di distanza dalle sciagurate modifiche contenute nella Manovra 2024”.

“Il riscatto di laurea – proseguono – è, di fatto, l’unico sistema (senza penalizzazioni) che permette l’anticipo del pensionamento per chi ha dedicato allo studio universitario la prima parte della vita adulta. Colpire i lavoratori laureati è un orribile segnale da parte del Governo, che vorrebbe penalizzare la parte più istruita della popolazione, come se aver dedicato anni di vita agli studi universitari costituisse una colpa”.

“Chi ha già riscattato o sta riscattando con le vecchie regole, si vedrebbe privato di una buona parte di anni figurativi, rendendo spesso vana la convenienza del riscatto stesso. Anche limitare le nuove regole ai riscatti futuri sarebbe una catastrofe: INPS dovrebbe rispondere alla domanda di riscatto entro 85 giorni, mentre in realtà ci impiega anni, se non decenni. Tutto questo porterebbe a una valanga di ricorsi per il probabile profilo anticostituzionale della proposta”.

“Gli ipotetici risparmi di spesa dovuti al posticipo del pensionamento, soprattutto nel contributivo, verrebbero annacquati dai mancati introiti dei riscatti fatti magari decenni prima, oltre a un aumento inevitabile dei tassi di malattia/infortunio dovuti ai posticipi di uscita dal lavoro: chi è più vecchio, si ammala di più”.

“La finestra mobile è un trucco formidabile per ritoccare la Fornero senza ritoccare la Fornero. Infatti i requisiti per la pensione anticipata rimangono invariati, mentre viene modificata la data di percepimento del primo assegno previdenziale: in soldoni, si posticipa comunque l’uscita dal lavoro perché il lavoratore è costretto ad aspettare il tempo della finestra per non avere una discontinuità economica tra la fine del lavoro e l’inizio della pensione. Così, chi gridava: “Aboliremo la Fornero”, in realtà la peggiora, allungando l’uscita anticipata da un minimo di 3 mesi per la totalità dei lavoratori fino a un massimo di 2 anni e 9 mesi per i laureati che hanno riscattato”.

“Il Ministero dell’Economia – denunciano i sindacati – sceglie dunque di penalizzare chi ha lavorato una vita intera, ma permette ancora di ricevere una pensione di vecchiaia contributiva a 71 anni con solo 5 anni di contributi (magari, a pensare male, dopo una vita di lavoro da evasore fiscale), con buona pace di coloro che invece hanno versato centinaia di migliaia di euro in contributi pensionistici ad INPS”.

“Il cambio delle regole previdenziali a partita in corso sta diventando un déjà-vu, come nel 2023 uno sgradito regalo di Natale di questo Governo, con buona pace della fiducia dei lavoratori italiani. Forse farebbe meglio a concentrarsi su temi più importanti e cari al Paese, piuttosto che lanciarsi in questi suicidi politici che tanto male fanno alla forza lavoro del Paese, una risorsa da tutelare e non da bastonare con queste nefandezze. Ma state tranquilli, ce ne ricorderemo al momento di porre la croce sulla scheda: il 2027 non è lontano”.

“Ci appelliamo – concludono Di Silverio e Quici – alla volontà dichiarata ufficialmente dal Presidente del Consiglio di voler rivedere questa norma”.

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